108 RICETTE VEGETARIANE

108 RICETTE VEGETARIANE, Ricette magiche, non violente e quasi tutte vegan, buonissime senza uccidere nessuno.

venerdì 31 gennaio 2020

I primi vegetariani moderni in Italia e il primo ristorante vegetariano d'Italia.

Ricordati di guardare le altre ricette veg e veloci e di seguire il blog: https://108ricette.blogspot.com/

«I vegetariani si occupano poco del passato e considerano che il loro futuro dipende interamente dalla volontà di attuare subito tutte le riforme, perciò a scrivere la storia sono i carnivori», così scrive Alberto Capatti sul suo: «Vegetit. Le avanguardie vegetariane in Italia» (Cinquesensi Editore). Dopo aver parlato del primo ristorante vegetariano d'Europa (l'Hiltl di Zurigo 1898 LINK) ho pensato di cercare qualcosa sulla situazione in Italia. Lasciando perdere per ora i pitagorici e i neoplatonici andiamo direttamente all'età moderna dove troviamo Milano e Firenze come città dell'avanguardia vegetariana. La seconda metà dell'800 è un epoca di nuove utopie, sociali e spirituali, che vede la comparsa di comunità che predicano un ritorno alla natura in contrapposizione all'alienazione dell'industrializzazione sfrenata. Personaggi come Toureau negli USA e ancora più di lui Lev Tolstoj in Russia furono promotori di un ritorno alla frugalità e un rifiuto per il consumo di carne. Molte furono le comunità e le società vegetariane e naturiste nate in questo periodo, tra le più importanti ricordiamo quelle fondate dal pittore simbolista Diefenbach prima a Vienna e poi a Capri, il movimento della Lebensreform e poi la comune di Monte Verità ad Ascona nel Canton Ticino.


MONTE VERITA'
Anche se Ascona si trova al di la del confine sarebbe una grossa lacuna non dedicare qualche riga a questa comunità che fu uno dei centri più influenti per molta della cultura della prima metà del '900 e tra l'altro anche se in Svizzera si trova in una zona di cultura "italiana". Su questa famosa collina sul lago nel 1900 arrivarono Henri Oedenkoven, Ida Hofmann, Gusto e Karl Gräser e vi fondarono quello che appunto venne chiamato Monte Verità basato sugli ideali della "Riforma" (la Lebens Reform). Le regole erano poche: divieto assoluto di cibarsi di carne, bere alcolici e caffè, i suoi frequentatori praticavano il nudismo, i bagni di sole e in generale il rapporto con la natura. Negli anni di maggior sviluppo di qui passarono personaggi come Hermann Hesse, Carl Jung, Hugo Ball, Isadora Duncan, Paul Klee, Carlo Mense, Arnold Ehret, Rudolf Steiner e moltissimi altri che poi portarono altrove alcune delle idee trovate qui.


I SALUTISTI
Uno dei primi è Fortunato Peitavino originario di Bordighera, già membro della società vegetariana francese, che su finire dell'800 dopo la morte della giovane moglie per tubercolosi e lui stesso malato, decide di trasferirsi in Val Nervia per curarsi in modo naturale. La riviera ligure, come altre coste italiane, all'epoca era meta di molti naturisti e igienisti provenienti da tutta Europa come abbiamo visto e fu così che Peitavino conobbe prima il botanico viennese Joahnnes Ammann che gli aveva consigliato di nutrirsi di soli alimenti vegetali per migliorare le sue condizioni di salute, e poi Henry Gossmann, un medico esperto di cure naturali, direttore del sanatorio del parco di Wilhelmshöhe che aveva aperto una succursale proprio a Bordighera. In questo angolo solitario pieno di verde e di silenzio si immerge completamente nella natura: sole, aria, acqua, terra e frutta; adotta il regime vegetariano, fa bagni d’aria, d’acqua e di sole, cammina a piedi nudi, dorme con le finestre aperte tanto d’estate che d’inverno; gusta i prodotti della terra lavorata con le sue stesse mani. Frequenta e studia Monte Verità e gli igienisti iberici. Grazie a questo modo di vivere, la sua salute va migliorando progressivamente, tanto che dopo due anni chi lo va a visitare o frequenta la sua colonia non lo riconosce più. Peitavino muore nel 1945.


IL PRIMO RISTORANTE VEGETARIANO IN ITALIA
Ma trasferiamoci a Milano dove, in via Dante 18, la sera del 19 settembre 1907, 9 anni dopo l'Hiltl, viene inaugurato il primo ristorante vegetariano d’Italia. Si chiamava proprio RISTORANTE VEGETARIANO e l’evento fa clamore e finisce in prima pagina sul Corriere della Sera. Menù di alta cucina con lo chef Pietro Monteverdi: Antipasto alla russa con pomodori «quasi crudi”»ripieni di maionese, zuppa Dubarry con cavolfiore, sformato di spinaci alla regina Margherita, soufflé di funghi con cardi alla parmigiana; «costolette» di legumi col tartufo (forse la prima ricetta di un sostituto veg alla carne, ndr), insalata. E per finire: pasticcini di pesche con crema chantilly e frutta mista. Purtroppo la fortuna del locale dura poco: chiuderà nel maggio del 1908 dopo l’intossicazione di alcuni clienti con una zuppa di funghi.


I LIBRI DI CUCINA VEGETARIANA
Uno dei primi libri di ricette vegetariane in Italia è invece «Cucina vegetariana e naturismo crudo», scritto dal siciliano Duca di Salaparuta Enrico Alliata. Stampata da Hoepli nel 1930. Si tratta non solo di ricette siciliane (ovviamente la maggior parte, vista l’origine dell’autore) ma anche da altre regioni: il risotto di Milano, la pizza di Napoli, la Romagna con i cappelletti. Numerosi i «finti pasticci» con «pseudo carni» con cui il duca dimostra davvero di essere un precursore della contemporaneità.

LA SOCIETA' VEGETARIANA ITALIANA
La società vegetariana italiana (ora associazione vegetariana italiana) venne fondata a Perugia nel 1952 durante un convegno su La nonviolenza riguardo al mondo animale e vegetale e,Aldo Capitini. Capitini, filosofo e politico antifascista che per primo portò in Italia il pensiero non violento di Gandhi insieme a Edmondo Marcucci – autore di "Che cos'è il vegetarismo" anch'egli mai iscritto al partito fascista. Vegetariano già dal '33 Capitini, quando, sia per aver rifiutato di iscriversi al partito fascista che per la sua scelta vegetariana venne espulso dalla scuola normale di Pisa da Giovanni Gentile in cui era segretario. 

"ogni suo pasto alla mensa della Normale era diventato un comizio efficace e silenzioso, un'affermazione della nonviolenza in opposizione alla violenza del regime fascista" 


"Gentile era impaziente che io sistemassi le mie cose e me ne andassi, perché ero divenuto di colpo vegetariano (per la convinzione che esitando davanti all’uccisione degli animali, gli italiani – che Mussolini stava portando alla guerra – esitassero ancor più davanti all’uccisione di esseri umani), e a Gentile infastidiva che io, mangiando a tavola con gli studenti come continuavo a fare, fossi di scandalo con la mia novità!"

Capitini morì nel 1968 e il suo posto venne preso dal Dot. Ferdinando Delor che cambiò il nome della società in Associazione Vegetariana Italiana e la trasferì a Milano. Quest'ultimo fondò anche la rivista dell'associazione "L'idea Vegetariana" pubblicata tra il 1963 e il 2009. Oggi presidente dell'associazione è Carmen Nicchi.

IL MARCHIO V-LABEL
Il marchio V-Label, oggi usato per certificare i prodotti vegetariani e vegani a livello internazionale, venne disegnato dall'associazione italiana negli anni '70 e venne presentato al mondo durante il primo congresso vegetariano europeo che si svolse nel 1985. Sinonimo di controllo e qualità è applicabile su prodotti alimentari, bevande, cosmetici, prodotti per l’igiene della persona e della casa, tessile, calzature e tante altre categorie.

59) Vegan flammkuchen (flammekueche, flammwaie, flammekueche, tarte flambée)

Pensavo di averla già messa e invece no! Questa sera metto una delle mie ricette preferite: la flammkuchen (in alemanno flammekueche oppure flammwaie; in alsaziano flammekueche; in francese tarte flambée) detta anche pizza alsaziana, è una specialità appunto dell'Alsazia, della Renania-Palatinato e del Baden-Württemberg che in pratica sembra una focaccia o una pizza bianca come direbbero a Roma. Generalmente è fatta con Speck e panna acida ma io l'ho trovata molti anni fa in versione vegetariane e poi vegana a Berlino, eccezionale. Questa è la mia versione: le ultime volte l'ho fatta senza lievito, visto che poi la pasta la tiro sottilissima, ma nella ricetta lo metto, vedete voi poi se evitarlo.


Questa ricetta è: vegan.
Quantità per: per due flammkuchen

Ingredienti pasta (per più focacce):
Farina bianca: 250 g.
Acqua tiepida: 1 dl.
Lievito di birra: mezzo panetto di quello fresco.
Sale: mezzo cucchiaio.
Olio: un cucchiaio.
(considerate anche la farina per la lavorazione successiva della pasta!)

Ingredienti per il condimento (per due flammkuchen):

Tofu affumicato e tritato: 150 gr. (quello perfetto è della IoVeg alle erbe)
Panna di soia: 150-200 ml
Cipolla: a piacere, per me diciamo 1/8 di una cipolla media tagliata finissima.
Olio: due cucchiai.
Spinaci: tre cubetti di quelli surgelati.
Sale: un pizzico.

Mettete il lievito nell'acqua tiepida e mescolate fino a quando non si sarà sciolto. Versate la farina e il sale in un recipiente abbastanza grande e versate l'acqua mescolando. Il composto dovrà diventare ben omogeneo, aggiustate con l'acqua o la farina se dovesse risultare troppo secco o troppo liquido. A quel punto iniziate ad impastare con le mani fino a quando la consistenza non sarà bella elastica. Coprite con uno strofinaccio e fate lievitare per almeno 2 ore in un posto abbastanza caldo. Se non usate il lievito (e io ultimamente non lo uso) basta impastare e lasciare li un'oretta.
Passato questo tempo, la pasta si sarà gonfiata: tiratela fuori e mettetela su un piano. Dividetela in palle grosse come un pugno abbondante e spianatela con le mani e poi con un mattarello. A me piace la pasta molto sottile, se la volete più spessa dovrete aumentare la pasta da stendere.
Quando è bella sottile, anzi sottilissima stendetela su una teglia usando la farina sotto per non farla attaccare. Potete usare anche l'olio, ma io in questo caso preferisco la farine che resta più secca.
Cospargete con gli spinaci, poi con il tofu finemente sminuzzato, le fette sottili di cipolla, la panna vegetale e alla fine aggiustate con olio e sale. Infornate con forno bello caldo (200-250) e aspettate fino a quando la pasta sarà bella dorata, non ci vuole molto.
Servite con una buona birra chiara.